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Come le tartarughe

Sinossi

Daniele, Lisa, Sveva e Paolo, una famiglia borghese apparentemente perfetta.

Un giorno il marito svuota l’armadio e va via.

L’ armadio vuoto, diventa per Lisa, il luogo ideale dove rifugiarsi ed elaborare la separazione.

Sveva la figlia quindicenne, fa di tutto per tirarla fuori, non accettando il comportamento bizzarro della madre e l’assenza inspiegabile per lei, del padre. Daniele non tornerà a casa, ma Lisa riuscirà, grazie all’amore dei suoi figli e a una forza ritrovata, a compiere il primo passo per il superamento del dolore.

Dettagli

Categoria : Film
Anno produzione : 2022
Paese : Italy
Regia: Monica Dugo

NOTE DI REGIA

Regia : Monica Dugo

Regia : Monica Dugo

Ci sono film che partono con un personaggio, altri con una storia ben definita, il mio è partito con un immagine. 

Un armadio vuoto. 

Uno spazio vuoto ridotto, ma gigantesco ai miei occhi. 

Ho iniziato a pensare se una donna, travolta da un dolore non sostenibile e inaspettato, avrebbe potuto ficcarcisi dentro. 

E ho riso. 

Io ero la donna travolta dal dolore, e l’idea di ficcarmi dentro un armadio è stata la prima cosa che mi ha fatto ridere. 

Ho continuato a soffrire, ma pensare al mio armadio e alla possibilità di trovare conforto lì dentro, mi consolava tantissimo e mi faceva sorridere.

Mi ha fatto ridere anche pensare a chi mi avrebbe trovato lì dentro, se qualcuno si fosse curato della cosa non soltanto liquidandola come un gesto insensato, e non ho soltanto riso.

 Il secondo passo del mio film è stato questo. 

 Chi sarebbe venuto a trovarmi, chi avrebbe provato a tirarmi fuori, chi mi avrebbe deriso, chi mi avrebbe rispettato.

Le immagini  dentro l’armadio si sono subito delineate, usare le ante come occhi, cosa sarebbe filtrato dalle sue fessure,  cosa avrei visto da lì dentro,  dalle ante socchiuse o aperte.

E al contrario cosa avrei mostrato del suo interno, usare le ante come una tenda da aprire a seconda dei momenti. 

E questa è la parte “surreale” del mio film, con riprese non classiche, con un armadio costruito ad arte, Con pareti mobili, così da inquadrare la protagonista tra i vestiti appesi: dall’alto, da dietro, di lato. Spiarla mentre nasconde il suo stato d’animo senza colore, attraverso camicette colorate, con colori netti, che la identificano anche quando è fuori dall’armadio . 

Con la costumista, i pensieri sono che nonostante il non colore di Lisa, ogni suo vestito sia di un colore preciso, anche il pigiama di cui per gran parte del film vediamo solo le maniche, deve avere un colore netto, così come tutti i personaggi, ognuno associato a un colore, o alle sue gradazioni, senza mai perdere il realismo. 

E immagino anche l’interno dell’armadio, ragionamento fatto insieme allo scenografo,  legno grezzo tappezzato in parte, a un certo punto del film,  con carta da parati, armadio capiente e confortevole, ignaro della sua funzione traghettatrice.

E ancora la possibilità di soffermarsi su rumori, cigolii, tocchi all’armadio come si potrebbe toccare una persona. Le righe del legno, le piccole macchie, la sua tessitura.

L’armadio diventa un personaggio,  e con il Direttore della fotografia, diamo a una cosa inanimata un’anima con la luce. Una luce di taglio, che non appiattisca, ma che renda visibili i contrasti, con la maggiore semplicità possibile.

L’armadio vive come parte integrante della famiglia, assiste e accoglie, si illumina e si spegne, all’interno e all’esterno, una volta finita la sua missione pu  anche morire. 

Ogni anta che si apre manifesta il personaggio a cui appartiene, con i colori tipici di quel personaggio.

Da quando Lisa ci entra dentro, il suo interno sarà buio, con raggi di luce che filtrano a fatica dalle fessure fino a quando Lisa decide di nascondersi, per poi illuminarsi quando Lisa decide di mostrarsi,. 

Attorno all’armadio, la casa, e una storia da raccontare in maniera quanto più classica possibile, seppur in una unità di luogo. 

Ho passato in rassegna molti film ambientati in una casa, e l’impianto teatrale è inevitabile. Oltre che legato alla mia esperienza di ballerina prima, e di attrice dopo. 

Ma impianto teatrale nel senso di studio e prove pianificate, nulla lasciato all’improvvisazione, seppur con lo scopo che quello sembri. 

Ogni entrata e uscita da ogni stanza, ogni incastro di personaggi e luoghi è come una coreografia, con un ritmo dettato da dialoghi incalzanti, con la contrapposizione e le pause dettate da silenzi e indugi di ripresa sui silenzi, tanti. 

I mobili, gli oggetti, gli sguardi sui mobili e sugli oggetti fanno da contraltare alla danza dei personaggi. 

E l’impianto teatrale, anche con scene lunghe con pochi tagli, non deve mai far venire meno, nella mia idea, alla naturalezza della recitazione e dei movimenti degli attori. 

In altre parole, cerchiamo di mettere a fuoco uno stile che dia valore alla composizione dell’inquadratura, in cui non ci sia troppo spazio per la ripresa improvvisata. 

La casa che è stata individuata come location, è accogliente, con pareti grigie ,  luci moderne, librerie di alluminio, tavoli di ferro, e colori caldi di divani,  cuscini e poltrone . Un uso del tono pastello in accessori, coperte, cuscini, dà alla storia una connotazione da favola, per alleggerire la situazione drammatica in cui si trova la famiglia. 

La luce immaginata insieme al direttore della fotografia è una luce naturale, una casa ben illuminata dalle sue lampade, luci che saranno meno accese quando Sveva e Paolo rimangono “da soli”, o al contrario luci che rimangono accese tutta la notte nonostante non ci sia nessuno nella stanza.  E’ primavera, filtra il sole di giorno, e gli esterni hanno un cielo azzurro e terso, l’arancione del campo da tennis e i tetti di Roma, ed è un contrasto alla freddezza in cui si trova la famiglia.  Mi piace alternare immagini degli attori con immagini di cose materiali, soprammobili, la porta dell’armadio che diventa un confessionale, mi piace immaginare di poter indugiare anche su un quadro e su una zanzara dentro l’armadio. 

Le scene in esterno sono quadrate, e le camminate in strada sono delle panoramiche o camera a mano che accompagna gli attori.  

La camera a mano è usata anche in casa, per seguire i personaggi in movimento in corridoio o da una stanza all’altra, invece immagini ferme e quadrate nelle camere. 

Le inquadrature “teatrali” sono alternate a primi piani stretti in momenti particolari, scambi confidenziali , sguardi. 

Dal punto di vista visivo il film avrà un approccio realista al racconto, anche nei momenti più surreali. 

In ogni caso, come sempre, la prima (e unica) regola che mi do’ è, fare le cose molto seriamente, ma senza  prendersi mai troppo sul serio.  Non vorrei indugiare mai troppo sul dolore, sul dramma. Farlo sentire e percepire, grande, profondo, ma levare  lo sguardo da esso un attimo prima piuttosto che un attimo dopo. 

Il mio obiettivo è riuscire a far sorridere, ma  con un buco in petto.